Vorrei tanto trovare qualcuno che mi comprendesse!
Quando, dentro di noi o forse parlando con la nostra migliore amica, esplodiamo con questa esclamazione, a lungo repressa, di solito non vogliamo dire che cerchiamo qualcuno che capisca i termini che adoperiamo, i concetti matematici che esprimiamo o le nostre idee filosofiche.
Ci importa che il nostro partner comprenda i nostri sentimenti, che condivida il nostro modo di sentire l’esistenza e di vivere le relazioni.
Vogliamo che lui o lei non ci consideri degli alieni, ma sia spinto dai nostri stessi moti interiori di emozioni e sentimenti.
Dopo aver sfogato gli ormoni fisici in periodo adolescenziale, iniziamo a cercare qualcosa più di un corpo fisico attraente (sì, persino se siamo maschi).
Diventiamo come dei giocolieri, ancora acerbi, ma già con un minimo di esperienza, che tentano di armonizzare il volo di due palle diverse, una che rappresenta il corpo fisico e l’altra quello emotivo.
In altre parole, cerchiamo un partner che ci soddisfi sia dal punto di vista fisico, sia da quello sentimentale.
Come nel caso del giocoliere, le difficoltà aumentano.
Se già è difficile far andare d’accordo i bisogni fisici di due persone, ancora più complicato è armonizzare il mondo sentimentale di due individui che possiedono un vissuto differente.
Se poi, come dice il titolo di un celebre libro, uno dei due viene da Marte e l’altra da Venere, le cose si complicheranno ulteriormente.
Per di più, le mappe offerte dai libri su uomini e donne sono oggi meno affidabili di un tempo, poiché nella nostra epoca le caratteristiche maschili e femminili sono sempre più mescolate all’interno di uomini e donne. Di conseguenza, possiamo incontrare delle nutrite minoranze di uomini sensibili, ricettivi e, a volte, passivi; oppure donne volitive, assertive, decise e, a volte, aggressive.
Possiamo vivere una storia in cui la donna è, dal punto di vista energetico, il polo maschile della coppia e l’uomo quello femminile.
In altri casi la donna può essere desiderosa di condividere i propri sentimenti e l’uomo, più concreto e rivolto all’azione, molto meno.
In alcune relazioni noi possiamo essere il polo più gentile e ricettivo della coppia, in altre, può accadere l’opposto.
Questo può avvenire perché possiamo incontrare sulla nostra strada entità a volte più maschili, in altri casi più femminili di noi.
Può anche accadere perché il nostro equilibrio tra qualità maschili e femminili si è modificato dentro di noi grazie alla nostra evoluzione interiore e alle nostre esperienze di vita.
Tutto questo per dire che cosa?
Che quando si inizia a condividere emozioni e sentimenti ci si muove in una cristalleria fatta di esperienze pregresse, desideri, aspirazioni, delusioni e resistenze ad aprirsi.
Che fare?
Per prima cosa, ascoltiamo noi stessi e il nostro partner.
Cosa desidero e perché lo desidero?
Quali sono i moti del mio animo che vorrei condividere e perché non ci riesco?
In quali circostanze lui o lei si chiude davanti al mio approccio?
Perché sento che lo sta facendo?
Quali sono le paure che si risvegliano in me e in lui quando ci apriamo alla condivisione del nostro mondo sentimentale?
Una volta compreso qualcosa di più, ricordiamoci della prima regola del cambiamento: il cambiamento inizia da noi.
“Ecco qui: sempre la stessa storia! Ma possibile che debba essere sempre io a impegnarmi nella coppia e che lui/lei non debba fare mai niente?”- diranno molti.
Capisco la frustrazione.
Però una legge importante delle relazioni umane afferma: La responsabilità primaria della buona riuscita di una relazione è della persona che possiede la maggiore consapevolezza.
Quindi, dicendo che tocca a voi fare il primo passo… vi sto facendo un complimento.
A parte gli scherzi, se tu stai leggendo queste righe (e il tuo partner no) vuol dire che il primo passo nel cambiamento tocca a te.
Stabilito questo, qual è questo passo?
Per prima cosa, osserva te stessa/te stesso come se tu stessi guardando un’altra persona.
Quando parli di te, dei tuoi sentimenti, di ciò che provi con il partner, come ti comporti?
Sei fin troppo reticente? O, al contrario, sei come un fiume in piena, inarrestabile e senza freni?
Può darsi che l’altra persona si senta inibita dai tuoi silenzi o, al contrario, travolta dai tuoi discorsi?
Dopo aver riflettuto, inizia a trovare, per tentativi, un differente equilibrio.
Nel comunicare le nostre emozioni, come in tutte le cose, esiste sia un aspetto quantitativo, sia uno qualitativo.
L’aspetto quantitativo è semplice: quanto parliamo? Quanto ci ripetiamo, dicendo più e più volte le stesse cose?
Ricorda: l’attenzione cala all’aumentare delle parole e della loro ripetizione.
Chiediti: il mio partner non mi ascolta perché è un/una insensibile o per una condivisibile strategia di sopravvivenza che viene attivata da un flusso eccessivo delle stesse parole in un loop infinito?
L’aspetto qualitativo va considerato più a fondo:
Quando cerco di condividere i moti dell’animo? In un momento in cui siamo entrambi nel giusto stato d’animo o mentre siamo stanchi, irritabili o troppo occupati? La scelta del giusto momento è importante.
Lo faccio solo per sfogarmi e/o lamentarmi? O cerco di comunicare anche sentimenti gioiosi e piacevoli? Il grado di ricettività di chi mi ascolta varierà di conseguenza.
Chiediti: di cosa è pieno il mio mondo interiore? Rabbia, risentimento, rimorso, paure? Oppure anche di felicità, serenità, istanti di gioia da condividere insieme?
L’altra persona sarà più disponibile a consolarci nei nostri momenti bui, se le mostriamo anche quelli luminosi.
Elisabetta era desiderosa di condividere il suo mondo emotivo con Giorgio, ma notava che più parlava e più lui si trincerava dietro il giornale.
Cominciò allora ad alzare il volume della voce e a usare un tono più duro, ma si accorse che questo rafforzava il problema, anziché risolverlo. Giorgio si stava allontanando da lei! Era forse diventato un insensibile? Aveva iniziato una relazione con un’altra donna?
No (o almeno, non ancora).
Si stava solo difendendo, in modo molto maschile (ahimè), da un insieme di discorsi che trovava monotoni, ripetitivi e vittimistici.
Che siamo uomini o donne, desideriamo la varietà, la novità, e rifuggiamo la monotonia, l’eterna ripetizione delle stesse cose.
Per fortuna Elisabetta lo comprese in tempo: iniziò a parlare di meno e a mescolare aneddoti piacevoli e buffi su ciò che le accadeva nella giornata ai soliti episodi spiacevoli per i quali chiedeva conforto e comprensione.
Questo rese Giorgio più ricettivo: ridere insieme su aneddoti divertenti lo rese più disponibile a confortare Elisabetta per i suoi momenti di abbattimento (ora meno frequenti).
Come dici?
A te non capita mai niente di buffo, simpatico o allegro da raccontare? Tutto quello che ti succede è triste, depressivo o lacrimevole? Le emozioni che vorresti condividere con il tuo partner sono sempre negative?
Allora c’è qualcosa da trasformare nella tua visione del mondo in cui sei immerso.
Che tu sia maschio o femmina, sappi che i grandi comici non raccontano cose divertenti di per sé, ma che lo diventano per il modo in cui sono raccontate: una litigata sul lavoro, una discussione con amici o parenti, un imprevisto, possono offrire altrettanti spunti per uno sketch umoristico o per una lamentela noiosa.
Dipende dal tuo punto di vista, dal tuo modo di raccontare, dal tono che vuoi dare alla narrazione.
Sviluppa il tuo senso dell’umorismo sui fatti della vita e vedrai che le persone intorno a te, compreso il partner, saranno più disponibili a condividere i tuoi sentimenti ed emozioni.
Elisabetta ora ha molte più persone intorno a sé desiderose di starla a sentire rispetto a prima.
Prova anche tu la sua strada.
Scegli di cercare l’attenzione degli altri attraverso la creatività e il senso dell’umorismo, anziché lamentandoti.
Osserva come cambia la qualità nella condivisione di emozioni e sentimenti.
Infine, decidi qual è la strada migliore e seguila nella tua vita.
A presto
Francesco
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L’illustrazione dell’articolo è di Elena Corsi, artista e terapeuta per mezzo delle energie angeliche. Vai a trovarla qui e troverai molto di più su ciò che fa.