A cosa mi serve una nuova psicologia?

A cosa mi serve una nuova psicologia?

Come i lettori avranno ormai compreso, i primi tre articoli da me postati in questo sito hanno qualcosa in comune: parlano della nostra psicologia.

Ma che cosa significa il termine “psicologia”?
Questa parola nasce dall’unione di due termini greci, psiche e logos (parola).
Entrare nel mondo della psicologia è dunque un po’ come invocare la parola della psiche.
È quasi come compiere la magica richiesta di ascoltarla con più attenzione per comprenderla meglio.

 

Sì, ma che cos’è questa cosa che chiamiamo psiche?
Io la definirei come il nostro mondo soggettivo, interiore, tutto ciò di noi che si trova oltre il piano fisico.

Negli articoli precedenti ho, infatti, esplorato una visione della costituzione dell’essere umano che va molto oltre il corpo fisico.
In essi do per scontato che noi esseri umani possediamo un corpo fisico, ma non siamo il nostro corpo.
Ho spiegato che, oltre che in esso, viviamo anche in un corpo emotivo e un corpo mentale (che spesso chiamiamo la mente).
Ho descritto come questi tre centri di coscienza portano all’esistenza un quarto veicolo che li sintetizza tutti: la nostra personalità individuale.

Per ultimo, nel terzo articolo, abbiamo iniziato a esplorare la nostra psiche superiore: quella parte di noi che chiamiamo Anima o Sé superiore.
Grazie a questo nuovo punto di osservazione, il nostro campo di studi si amplia e si arricchisce enormemente, trasformando il volto stesso della psicologia.

 

Fino a oggi la psicologia è stata considerata dagli scienziati “seri”, i biologi e i neurologi, un po’ come la Cenerentola delle scienze.
Questi ultimi desidererebbero ridurre tutta la complessità della nostra vita interiore a un gioco di ormoni, che guidano i nostri comportamenti, e a un codice genetico, che determina quasi tutte le nostre tendenze caratteriali.
Vorrebbero che tutto, anche la nostra psiche, fosse misurabile e quantificabile.
Sotto sotto, anche se per educazione non lo mostrano, considerano gli psicologi un po’ come le sorellastre della fiaba percepivano Cenerentola, un’utile sguattera cui affidare i compiti meno nobili, mentre loro si occupavano delle cose serie e importanti.
Un tempo la pensavo così anch’io e supponevo che chi si laureava in psicologia fosse un perditempo che si occupava di una “disciplina immaginaria”, come l’alchimia, l’astrologia, la teologia o lo studio della lingua Klingon (gli extraterrestri inventati dal telefilm Star Trek).

Tanto per cambiare, mi sbagliavo di grosso.

Nella favola, al ballo, mascherata, Cenerentola si prende la sua prima rivincita e, poco tempo dopo, il principe, che l’aveva persa, la ritrova e la fa assurgere al rango che le compete grazie alla sua unicità: il suo piedino che, a lei sola, consente di indossare la scarpetta che aveva abbandonato alla festa.
Spesso, anche la psicologia si è dovuta mascherare per ottenere dei riconoscimenti, ancora parziali.
È, per esempio, costretta a usare una terminologia impropria, presa a prestito dalle scienze esatte e a ricercare un’improbabile oggettività che neppure la fisica e la biologia possono più garantire.
Anche la psicologia, da cenerentola delle scienze, assurgerà, presto o tardi, al suo ruolo di regina delle discipline.

Quando?
Quando le sarà riconosciuta la sua unicità: essa è l’unica tra le sue sorelle (la biologia, la chimica, la fisica) a occuparsi del lato soggettivo, interiore, di ciò che siamo, e lo studia dal punto di vista qualitativo e non quantitativo.
Questa preziosità è quello che l’ha sempre penalizzata all’interno di un sistema di pensiero riduzionista (che considera reale solo ciò che è materiale) e quantitativo, qual era il nostro fino a poco tempo fa.
Il motto di questa grande forma-pensiero collettiva era: “Tutto quello che non è quantificabile e misurabile non esiste”.

Ma come si può quantificare una psicosi o un pensiero ossessivo?
Com’è possibile quantificare l’intelligenza emotiva o il lignaggio spirituale di un essere umano?
Molti ricercatori ci hanno provato con i test di intelligenza, di logica, di reattività emozionale, ma tutto quello che hanno analizzato è stata solo una piccola parte, di solito la più marginale, del nostro universo interiore.
Solo riscoprendo l’aspetto qualità dell’esistenza, potremo sperare di entrare in contatto con la soggettività più profonda del nostro essere, della nostra identità, insieme umana e divina.

 

Oltre a questo, la Nuova Psicologia di cui ho iniziato a parlarvi in questi articoli è una psicologia di Sintesi (un po’ come lo è stata la Psicosintesi di Roberto Assagioli).
Questo significa che, dopo aver analizzato i diversi aspetti della nostra psiche, essa si impegna a farci percepire come queste diverse parti di noi stessi si possano armonizzare in un tutto organico, in cui ogni funzione psicologica è coordinata con tutte le altre.

In questo modo, la Nuova Psicologia ci aiuta a superare le schizofrenie interiori che noi tutti sperimentiamo:

  • Quella tra i bisogni fisici e i nostri desideri emotivi.
  • La scissione tra la nostra parte emotiva e quella razionale.
  • La divisione tra la nostra personalità individuale e la nostra Anima.
  • Quella, che dobbiamo ancora iniziare a percepire, tra la personalità infusa di Anima e l’Uno che siamo (detto anche, la Monade divina).

 

Questa Nuova Psicologia di Sintesi può accompagnarci lungo il Sentiero dell’Integrazione di tutti questi aspetti di noi stessi fino alla scoperta di essere sempre stati, senza che ce ne accorgessimo, una sintesi di personalità, anima e Monade.

Siete un po’ confusi davanti a queste affermazioni?

È comprensibile, perché si tratta di concetti relativamente nuovi, come nuova è l’era astrologica in cui stiamo entrando, quella dell’Acquario.

Essa ci chiede di iniziare a introdurre nella nostra coscienza nuove idee, concetti seme che possano aiutarci a compiere un salto evolutivo verso una consapevolezza più ampia e profonda del nostro mondo interiore, affinché possiamo trasformare la realtà esterna in cui viviamo, la nostra civiltà e la nostra cultura.

Per questo concludo questo articolo illustrandovi il simbolo della Nuova Psicologia di Sintesi, che trovate all’inizio dell’articolo.
Questa immagine, formata dalle tre principali figure della geometria sacra (il quadrato, il triangolo e il cerchio), è un ritratto simbolico di noi stessi.

(Le tre lettere centrali significano, ovviamente, Nuova Psicologia di Sintesi).

Rappresenta i tre aspetti principali che ci compongono, come un fiore formato da tre corone di petali.
Il quadrato simboleggia le quattro parti della nostra personalità: il corpo fisico denso, quello fisico eterico (la sua controparte energetica dove troviamo i chakra), il nostro corpo emotivo e quello mentale.
Il triangolo indica i tre centri di coscienza dell’anima: Luce, Amore e Volontà (descritti nell’articolo, I tre volti dell’anima).
Il cerchio suggerisce l’esistenza di una scintilla divina presente in noi, che è addirittura oltre il mondo dell’anima. Ella è ciò che siamo nell’universo dello Spirito, l’Uno o la Monade.

Questi tre aspetti sono rappresentati uno all’interno dell’altro per suggerirci anche graficamente che, come diceva il Cristo, “il Regno di Dio è dentro di noi”, non in qualche paradiso lontano.
Essi si toccano per incoraggiarci, mostrandoci che il contatto e l’integrazione tra i diversi aspetti della nostra psiche è, non solo possibile, ma inevitabile.
L’unica variabile è il tempo.
Ci vorrà del tempo per integrare nella nostra mente queste conoscenze; sarà necessario ancor più tempo per viverle, permettendo loro di trasformare la nostra percezione di noi stessi e la nostra stessa esistenza.

Ma che importa?
Non pensiamo a quanto ci vorrà.
Consideriamo piuttosto la gioia cui questo viaggio interiore ci condurrà e le bellezze incredibili che potremo ammirare lungo il tragitto, nell’universo psicologico che andremo a esplorare.

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Francesco

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